Incentivi e strumenti di sviluppo locale nelle aree sottoutilizzate
 

 

 


Gli incentivi alle imprese e gli strumenti di sviluppo locale  sono ripartiti in base ai criteri della selettività,della premialità e della valutazione. Si tende a semplificare i regimi di aiuto nell’ottica di migliorarne efficienza ed efficacia.

L’attuazione di questi principi è in piena armonia con l’obiettivo della riduzione degli aiuti di Stato e il loro riorientamento verso finalità di tipo orizzontale (ricerca, innovazione, etc.) cui gli Stati membri si sono impegnati al Consiglio Europeo di Stoccolma.

La delibera del CIPE del 9 maggio 2003, recependo anche le sollecitazioni provenienti dalle parti economiche e sociali, ha fissato una ripartizione in tre tipologie dei diversi strumenti di incentivazione, con l’obiettivo di garantire a ciascuno un finanziamento unitario ed equilibrato:

a) automatici, principalmente per ridurre il costo del capitale e del lavoro (credito d’imposta generale e bonus occupazione);

b) a bando e valutazione, per compensare le difficoltà di approvvigionamento sul mercato del credito soprattutto delle piccole e medie imprese e delle micro-imprese (bandi 488, prestito d’onore e franchising, imprenditorialità giovanile);

c) discrezionali e negoziali, volti a rafforzare l’imprenditoria locale o ad attrarre investimenti

dall’esterno attivando, con metodi negoziali, accordi in territori predeterminati (contratti di programma e di filiera, Patti territoriali, contratti d’area).

 

IL CREDITO D’IMPOSTA: INVESTIMENTI  ED OCCUPAZIONE

Per il credito d’imposta per l’occupazione, importanti interventi di ridefinizione hanno dato certezza alle imprese e al lavoro in relazione alla possibilità di favorire le assunzioni aggiuntive, anche negli anni futuri. Per l’intero territorio nazionale è stata prevista una disponibilità finanziaria annua di 125Meuro.

Per la copertura della contribuzione integrativa  il CIPE, garantendo un importo superiore all’impegno minimo assunto nella dichiarazione del 31 ottobre 2002, ha assegnato risorse per 350, 600 e 850 milioni di euro rispettivamente per il 2003, per il 2004 e per il 2005; un analogo livello di disponibilità dovrà essere assicurato per l’anno 2006.

Con la regionalizzazione dei Patti territoriali, questi sono passati sotto la diretta responsabilità delle Regioni, che potranno indirizzarne le scelte in modo coerente

con altri strumenti di sviluppo locale, quali ad esempio i PIT (ProgettiIntegrati Territoriali ). La regionalizzazione è stata accompagnata dall’introduzione di criteri di selettività che saranno ora estesi a tutte le esperienze pattizie. È previsto un definanziamento per i patti che, trascorso un biennio dalla disponibilità delle risorse pubbliche, non avranno erogato almeno il 25 per cento delle risorse o avviato almeno il 50 per cento delle iniziative. Con questo recupero di un ruolo pieno di indirizzo da parte delle Regioni, gli strumenti di sviluppo locale in senso stretto come Patti territoriali e PIT, che si caratterizzano per la concertazione con le parti private, potranno meglio operare per la produzione di beni collettivi; gli incentivi a singole imprese potranno sempre più avere un ruolo minoritario e sussidiario; le Regioni potranno concentrarsi sulla fornitura di servizi di rete (comunicazioni, azioni di sistema per il commercio, il turismo e l’industria, etc.) congruenti e necessarie per il successo dei progetti locali.

Per quanto riguarda gli strumenti a bando e valutazione, essi dovranno essere sottoposti a un riordino che dia maggiore certezza alle imprese, preveda un ruolo nuovo delle banche. Importanti indicazioni potranno venire dall’Indagine conoscitiva sul sistema industriale italiano della Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati e dalla riforma prevista a livello comunitario che mira a privilegiare gli aiuti alle piccole e medie imprese per attività di ricerca e di innovazione.

 

Marketing Territoriale e contratto di localizzazione

 

Fino ad oggi l’Italia ha attirato un flusso di investimenti diretti all’estero assai ridotto (1,3 per cento del PIL nel 2001, la quota più bassa dell’intera area UE e il Mezzogiorno ha ottenuto su questo terreno risultati ancor meno lusinghieri.

Tuttavia in questa area del Paese esistono sistemi economici locali che competono anche in modo aggressivo sui mercati internazionali, spesso offrendo riconoscibili vantaggi localizzativi. Un efficace piano di marketing territoriale impone dunque un mutamento di prospettiva ed una concentrazione degli sforzi sui “Mezzogiorni” dove massima è la possibilità di valorizzazione. È quanto mira a fare il programma operativo di marketing territoriale e il parallelo avvio del Progetto Pilota di Localizzazione, entrambi affidati alla responsabilità di Sviluppo Italia.

In particolare il contratto di localizzazione, che sarà avviato in via sperimentale e sottoposto a dicembre alla valutazione del CIPE, costituirà un test per affiancare alla componente classica di sussidio il completamento dell’infrastrutturazione materiale e immateriale dell’area prescelta e l’assunzione di azioni per dare celerità all’azione amministrativa. L’Accordo di Programma Quadro, nel quale si sostanzia il contratto di localizzazione, è lo strumento che darà cogenza e verificabilità all’intervento.

 

Credito

 

La perdurante difficoltà nell’approvvigionarsi sul mercato dei capitali da parte delle imprese meridionali, soprattutto di piccole dimensioni, è testimoniata dalle attuali condizioni del mercato del credito nel Mezzogiorno.

Si tratta in sintesi di un quadro complesso, le cui criticità il Governo intende affrontare promuovendo: l’aggregazione, la capitalizzazione, l’organizzazione e il ruolo dei consorzi di garanzia fidi; il riequilibrio (anche attraverso fondi di garanzia e altre forme di ingegneria finanziaria) della struttura finanziaria delle imprese (riduzione dell’incidenza dei debiti a breve a fronte di un più corretto ricorso al medio/lungo termine), nonché la promozione del capitale di rischio; la condivisione, tra banche e imprese, dei benefici connessi alla riduzione di asimmetria informativa scaturente dal coinvolgimento degli istituti di credito nelle istruttorie delle agevolazioni pubbliche; un più ampio ricorso a mix di aiuti che comprendano interventi sotto forma di mutuo.